Siccome io non gioco a calcio (beh, sì, ho fatto una partita colla maglia del coripe una volta, ma solo perché c'erano le ragazze a fare il tifo), e neppure mi interessa il fantacalcio o disquisire sul perché la fiorentina vada così male da quando hanno messo mihajlovic a fare l'allenatore, allora disquisico di fisco. Pensiamo la riforma fiscale che vorremmo. In realtà penso che le riforme essenziali da fare in Italia siano tre, quella del fisco, quella della giustizia e quella della scuola. Però in questo post mi occupo solo della riforma del fisco (e di qualche argomentino connesso).
Iniziamo dagli obiettivi. Gli obiettivi generali sono diversi: semplificare il fisco, spostarne il peso in modo da favorire la crescita, limitare il progresso dell'ingiustizia sociale. E ho elencato gli obiettivi nell'ordine in cui ritengo siano perseguibili. In ogni riforma fiscale ci sono poi degli obiettivi politici di chi la realizza che sono essenziali e ce ne occuperemo.
Passiamo ora all'esame del criterio generale. Il sistema deve fondarsi su due soli pilastri (più un terzo): la tassa sul reddito e la tassa sui consumi, Irpef e Iva.
Ora come ora il bilancio dello Stato si fonda in realtà su una miridiade di micro imposte che sembrano irrilevanti, ma sono in realtà enormi. Le imposte di bolle, le imposte sui trasferimenti della proprietà, tutte quelle amenità che esigono i notai e che ogni finanziaria finisce per aumentare. L'ipotesi di partenza è che queste imposte finiscano per avere sull'economia un effetto pesantissimo ma nascosta (contraddicono dunque all'obiettivo della semplicità e della crescita). Si pensi soltanto alla concessione governativa sugli abbonamenti telefonici. Qualcuno crede che la preferenza italiana per le schede prepagate non abbia proprio nulla a che fare con quei 10 o 35 euri di tassa? Abolire TUTTE queste imposte a mio parere permetterebbe di semplificare, incentivare forme più civilizzate di transazione, far emergere il sommerso in certi casi (passaggi di proprietà). Sul piano politico, la misura sarebbe sicuramente popolare e probabilmente otterrebbe l'appoggio anche di alcuni poteri forti, ad esempio industria dell'auto, edilizia, piccole imprese, telefonia etc.
Ma non si tratta di noccioline per il bilancio dello Stato: 30 euri qui, 600 là fanno delle cifre enormi. Forse non quanto l'irpef, ma non noccioline. Da dove prendere questi soldi? dai due pilastri rimanenti: Imposte sul reddito e sui consumi. Si tratta di proporre ai cittadini uno scambio: pagate più tasse chiare, e meno tasse incomprensibili (i miei sono ancora convinti di pagare alla banca l'imposta di bollo sui conti correnti, nonostante che abbia spiegato decine di volte che NON è così e che quelle non sono le spese di tenuta conto, ma sono ottimista sul consenso ottenuto da questa proposta).
Aumentare l'imposta sul reddito si può solo aumentando la progressività e la progressività si può aumentare riducendo un po' le aliquote centrali, creando più aliquote e aumentando quelle più elevate (contrasta colla semplificazione sicuramente, ma secondo me, non con la crescita, perché sono fortemente convinto della relativa inelasticità del lavoro delle classi abbienti al fisco). Ma non solo: bisogna reintrodurre una forma di ICI. Non l'ICI, imposta sul patrimonio, ma un'imposta sul reddito imputato dell'abitazione: possiedi una casa e ci abiti? ti imputiamo l'affitto che risparmi come reddito imponibile (favorisce la redistribuzione). Non è difficile immaginare la protesta delle classi medie. Ma qui caliamo un altro asso. Vogliamo ottenere la crescita dimensionale delle imprese italiane? detassiamo gli utili di impresa per le Srl e Spa. Si badi bene che non si tratta di rendere DEDUCIBILI i profitti, ma di abolire o ridurre fortemente le tasse sui profitti delle società (favorisce anche gli investimenti esteri). Difficile che questi aspetti siano popolari, ma basta far passare la logica: o questo o il paese è condannato al declino...
Ovviamente sull'imposta sul reddito non si può giocare più di tanto: si aumenta l'Iva. e si aumenta su tutto, per non creare squilibri di mercato e settori favoriti.
Resta un terzo pilastrino: le tasse di scopo. Ad esempio, vogliamo fare una una riforma della scuola? Una riforma seria come quella di cui parleremo in un prossimo post? ebbene, tassa di scopo. è chiaro che alle tasse di scopo bisogna mettere limiti, oppure si accumuleranno barbaramente (e questo contraddice a semplificazione, crescita e probabilmente anche redistribuzione). I limiti sono importassimi, questo deve essere chiaro. Diciamo che una tassa di scopo si può mettere per 5 anni al massimo, secondo gli obiettivi della legge che finanzia (ed è escluso che possa finanziare alcune cose come le spese della difesa). E magari facciamo stabilire la durata della tassa alla presidenza della repubblica, alla corte dei conti, alla conferenza stato-regioni o al cnel.
Fine della riforma fiscale. Vi piace?
Apollo Belgico